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Aggiornamenti sul caso Emanuela Orlandi

Caso Emanuela Orlandi, la commissione convoca Pignatone. L’avvocata Sgrò: “Passaggio necessario”

“Un’audizione importante e necessaria quella del dottor Giuseppe Pignatone – spiega l’avvocata Laura Sgrò che difende la famiglia di Emanuela Orlandi scomparsa a Roma nel 1983 a Fanpage.it – Ecco cosa ci aspettiamo”.
A cura di Beatrice Tominic
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L'avvocata Laura Sgro e i manifesti affissi nell'autunno 2022 in occasione dell'uscita della docuserie "Vatican Girl".
L'avvocata Laura Sgro e i manifesti affissi nell'autunno 2022 in occasione dell'uscita della docuserie "Vatican Girl".
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"Sicuramente il fatto che sia stato chiamato come testimone è una novità. Sentire il suo racconto è senza dubbio importante e necessario". Queste le parole dell'avvocata Laura Sgrò che assiste la famiglia Orlandi a Fanpage.it sulla convocazione in commissione bicamerale d'inchiesta di Giuseppe Pignatone, procuratore capo a Roma che ha fatto archiviare la seconda inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e, successivamente, presidente del Tribunale Vaticano fino al 31 dicembre scorso.

La convocazione da parte della commissione che indaga sulla sparizione della giovane, all'epoca quindicenne, avvenuta il 22 giugno 1983 è arrivata proprio a qualche settimana dalla fine del suo incarico in Vaticano e Pignatone si presenterà davanti alla commissione a titolo personale e senza rivestire alcuna carica.

Pignatone convocato in commissione: cosa aspettarsi

"Abbiamo accolto con soddisfazione la convocazione del dottore Pignatone in commissione – spiega a Fanpage.it l'avvocata Laura Sgrò – Secondo me è stata una scelta necessaria, considerando anche che prima di lui sono stati già ascoltati Capaldo, Alessandrini e Giani. A nostro avviso ci sono dei passaggi che lo riguardano che non sono mai stati chiariti, ma che meritano maggiore attenzione".

A sinistra Giuseppe Pignatone, a destra Emanuela Orlandi.
A sinistra Giuseppe Pignatone, a destra Emanuela Orlandi.

Una considerazione che nasce anche dal ruolo rivestito da Pignatone nella vicenda Orlandi, che non si presenta come marginale. "Non si tratta di un personaggio di passaggio: non solo perché ha chiuso la seconda inchiesta, ma anche perché dopo è transitato in Vaticano, diventando presidente del Tribunale Vaticano fino al 31 dicembre scorso. Quindi ha anche assistito all'apertura di un'inchiesta in Vaticano", ricorda l'avvocata.

Pignatone definito "procuratore nostro" da Don Vergari e dalla vedova De Pedis

"Il primo punto che ci auguriamo venga chiarito – continua l'avvocata Sgrò – è la questione legata all'intercettazione fra Don Vergari e la vedova De Pedis in cui Pignatone viene definito procuratore nostro. Quando l'ho ascoltata per la prima volta l'ho accolta con grande sconcerto".

Emanuela Orlandi a sinistra, a destra don Vergari.
Emanuela Orlandi a sinistra, a destra don Vergari.

I fatti risalgono a poco prima che Pignatone fosse nominato procuratore generale a Roma, era il 2012. Da circa sei anni, dopo le dichiarazioni di Sabrina Minardi sulla ragazzina scomparsa, era stata aperta una nuova inchiesta sul caso Orlandi. Stavolta, fra gli indagati, figuravano la stessa Sabrina Minardi; Sergio Virtù, l'autista di fiducia di De Pedis; Angelo Cassani detto Ciletto; Gianfranco Cerboni, detto Giggetto e, infine, monsignor Pietro Vergari, ex rettore della basilica di Sant'Apollinare dove, come poi si è scoperto, era stato sepolto De Pedis.

La telefonata: "Tranquillo, arriva il procuratore nostro e chiude tutto"

La telefonata in cui viene utilizzata l'espressione "procuratore nostro" sarebbe avvenuta proprio nel periodo del cambio di nomine in procura. Don Vergari e la vedova De Pedis, si erano conosciuti tramite Renatino che, a sua volta, aveva incontrato per la prima volta don Vergari quando era cappellano in carcere.

Enrico De Pedis.
Enrico De Pedis.

Il religioso ha manifestato le proprie preoccupazioni alla donna che, invece, sembrava essere sicura del fatto suo, lo ha tranquillizzato con la promessa dell'arrivo, sempre più vicino, del procuratore nostro che avrebbe chiuso la vicenda, senza mai fornire alcun nome a riguardo. E all'arrivo di Pignatone le indagini che tanto preoccupavano il cappellano sono prima passate sotto il controllo del procuratore capo (Pignatone stesso, ndr) poi archiviate definitivamente.

"Questo non significa che quello che diceva la vedova De Pedis (morta nel frattempo, ndr) fosse vero, naturalmente – puntualizza l'avvocata Sgrò – Ma sicuramente rappresenta un passaggio che necessita almeno una spiegazione. Credo che non si possa non chiederne conto. Anche se credo che, almeno fino ad ora, nessuno glielo abbia mai chiesto".

Pignatone e Capaldo e la trattativa fra Stato e Vaticano

"Un'altra domanda che spero possa essere posta è quella che riguarda la trattativa fra Stato e Vaticano in merito all'estumulazione della tomba di De Pedis da Sant'Apollinare – continua Sgrò – Qual era la posizione di Pignatone in relazione a questa famigerata trattativa o scambio o incontri che ne sono che ne sono scaturiti? È stato sentito Capaldo, è stato sentito Giani, è stato sentito Alessandrini. Ora sarebbe importante conoscere anche il punto di vista di Pignatone rispetto a questa vicenda".

Le audizioni delle altre figure che avrebbero preso parte alla trattativa, fatta eccezione per la pm Simona Maisto morta nel 2022, sono state organizzate fra la scorsa estate e lo scorso autunno. E non sempre sono state riportate delle versioni concordanti fra loro. Secondo quanto spiegato da Capaldo, il Vaticano avrebbe chiesto alla procura di aprire la tomba di De Pedis "come favore". Una versione che, invece, è stata totalmente smontata dalle parole del vice capo della gendarmeria vaticana Costanzo Alessandrini  il quale ha dichiarato che non ci sarebbe mai stata alcuna trattativa fra Chiesa e pm.

Il dossier su Emanuela Orlandi in Vaticano

Un'ulteriore versione è stata fornita da Domenico Giani, il capo della gendarmeria vaticana, il quale, nel corso della sua audizione, ha richiamato all'attenzione l'incarico di cui era stato rivestito di raccogliere informazioni sulla scomparsa. Dopo la sua convocazione, poi, è stato lo stesso Alessandro Diddi, promotore della giustizia vaticana, a parlare dell'esistenza di un dossier sul caso Orlandi in Vaticano. Sarebbe interessante, andando per ipotesi, capire se anche Pignatone, in qualità di presidente del Tribunale vaticano, si sia mai trovato davanti agli occhi il famoso fascicolo di cui, per anni, la Santa Sede ha negato l'esistenza.

Pignatone, l'arrivo in procura e il rapporto con Capaldo

"Nell'ambito della quotidianità in procura – continua ancora Sgrò a Fanpage.it – Sarebbe interessante capire il rapporto fra Capaldo e Pignatone che al tempo discussero a mezzo stampa". Nel 2012 Capaldo, infatti, ha rilasciato alcune dichiarazione all'Ansa: "Ci sono personalità in Vaticano ancora in vita che sono a conoscenza di tutto". Secondo il pm, in Curia qualcuno avrebbe avuto degli "elementi di verità a livello indiziario".

Il giorno successivo è arrivata la risposta di Pignatone, sempre mezzo stampa: "Le dichiarazioni e le valutazioni sul procedimento per la scomparsa della Orlandi attribuite da alcuni organi di informazione ad anonimi inquirenti della Procura di Roma non esprimono la posizione dell'ufficio – ha detto, riqualificando come strettamente personali le dichiarazioni di Capaldo del giorno prima – Ogni ulteriore iniziativa di indagine nel procedimento sulla scomparsa di Emanuela Orlandi sarà diretta e coordinata dal procuratore della Repubblica (Pignatone stesso, ndr), che ha assunto la responsabilità della Direzione distrettuale antimafia", si legge.

Una scelta così incisiva nell'ambito di un caso con, all'epoca, quasi trenta anni di storia alle spalle, arrivata ad appena un mese dalla sua nomina a procuratore capo.

"Mi chiedo cosa sia successo, perché fra i due sembra esserci una frattura molto netta – ipotizza ancora l'avvocata – Se fosse a conoscenza di quanto accaduto fra Capaldo, Giani e Alessandrini e se lo sapesse fin da subito o una volta entrato nel Tribunale Vaticano, ad esempio".

Le indagini bloccate e l'archiviazione

Da chiarire, infine, secondo l'avvocata Sgrò, le ragioni che hanno portato all'archiviazione della seconda inchiesta. Ufficialmente, l'inchiesta è stata chiusa per mancanza di prove consistenti sul caso, con conseguente caduta delle posizioni degli indagati (che non sono mai stati giudicati e, di conseguenza, neppure assolti). Eppure, secondo quanto emerge da alcune indagini e da chi le ha svolte, sembra che proprio in quegli anni fossero emersi degli elementi inediti.

Pietro Orlandi.
Pietro Orlandi.

A poco prima della chiusura delle indagini risalgono le note chat del 2014, quelle fra Francesca Immacolata Chaouqui e il cardinale Angel Vallejo Balda, in cui viene fatto riferimento al dossier Orlandi aperto in Vaticano. Un paio di anni dopo l'archiviazione, invece, sono stati ritrovati e poi diffusi dal giornalista Emiliano Fittipaldi i fogli spese che attesterebbero la permanenza di Emanuela Orlandi in Inghilterra e che hanno aperto nuovi scenari su quella che viene conosciuta come pista di Londra, della cui validità il fratello di Emanuela, Pietro, resta convinto.

"Viene da chiedersi perché Pignatone abbia scelto di archiviare l'inchiesta e, prima ancora, di accentrare su di sé il controllo delle indagini – conclude poi l'avvocata Sgrò – Ecco perché è così necessario raccogliere ciò che anche il dottor Pignatone ha da dire". Viene da immaginare a che punto ci saremmo trovati sul caso se quelle indagini non fossero state chiuse. Ciò che possiamo fare oggi, però, è sicuramente affidarci alle tre indagini in corso in Procura, in Parlamento e in Vaticano. E auspicare nella ricostruzione delle verità sulla scomparsa di Emanuela Orlandi da parte di tutti.

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